venerdì 14 giugno 2013

OPERATORI DELL'EMERGENZA: I NOSTRI SUPEREROI MA ...

Durante i gruppi di sostegno che svolgo con gli operatori dell’emergenza, uno di loro ha affermato: “Se faccio un confronto fra la persona che sono quando parto e la persona che sono quando rientro, posso dire che sono due persone diverse. Parto carico e torno sfinito. Tanto che a volte mi sento di aver bisogno anche io di qualcuno che mi appoggi la mano sulla spalla”.

Operatori dell’emergenza: i nostri supereroi ma …
Durante un evento critico, quando sentiamo parlare di vittime siamo soliti pensare a coloro che hanno subito in prima persona un danno (persone estratte dalle macerie), ai parenti dei superstiti, alla comunità coinvolta, ma mai pensiamo ai soccorritori (volontari e professionisti). Questi, in psicologia dell’emergenza, vengono definiti vittime di terzo tipo.
Gi operatori dell’emergenza (operatori 118, VVF, infermieri, medici, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, …) ai nostri occhi appaiono sempre come dei supereroi, pronti a salvarci da ogni situazione. È importante però sapere che anche l’operatore attraversa delle fasi di emergenza, delle fasi di intervento alla crisi. La prima è la fase di allarme, si ha l’impatto con l’evento traumatico, emerge in questo caso irrequietezza, senso di inadeguatezza. Una testimonianza di un operatore intervenuto durante il terremoto all’Aquila fa capire cosa sentiva durante questa fase: “Avevo tanta paura di sentirmi tra i piedi o essere inadeguata”. Successivamente, si ha la fase di mobilitazione,  dove vi è un’attivazione psicofisiologica e la creazione di aspettative e rappresentazioni cognitive volte a indurre azioni corrette ed efficaci. Relativamente a questa fase, un operatore disse: “All’inizio non si sapeva bene cosa si poteva fare e cosa non. Poi abbiamo deciso di improvvisare”. Si passa poi alla fase dell’azione, dove gli operatori si dedicano con grande dispendio di energie all’intervento per il tempo necessario: “Ci siamo resi disponibili per i piccoli lavori rimasti incompiuti”. L’ultima fase, ma la più importante e da tenere sotto controllo, è la fase della smobilitazione che va dalla fine dell’intervento al ritorno alla routine. I contenuti psichici negativi inibiti durante la fase di azione riemergono proprio in questa fase: “Ho avuto il calo dell’adrenalina quando ho visto un campo sportivo senza tende (in riferimento al terremoto dell’Aquila). ho capito di rientrare nella normalità”, “Molta tristezza negli ultimi giorni. Io parlo molto e durante il viaggio non ho detto una parola”.
Come la vittima anche il soccorritore, poiché esso stesso definito vittima, è sottoposto a stress. Le difficoltà possono essere sia fisiche che psichiche e vanno da un leggero disagio fisiologico a vere e proprie patologie. È importante sapere e conoscere queste fasi e altrettanto rilevante è chiedere un sostegno quando ci si sente stanchi e incapaci di affrontare tali situazioni. Questo perché poi non si è in grado di prestare aiuto nel migliore dei modi mettendo anche in pericolo la propria incolumità, oltre a quella degli altri.


27  aprile 2013, Psicologica...Mente, rubrica della Dr.ssa Valeria Catufi

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