venerdì 14 giugno 2013

LE TERAPIE ESPRESSIVE NELLE DEMENZE

L’Italia sta diventando un paese di anziani. Spesso, con l’anziano, arriva a anche quella che viene definita demenza. La demenza è una sindrome clinica (insieme di sintomi), cronica e progressiva, dovuta ad una malattia che colpisce il cervello e che comporta la degenerazione di: facoltà mentali (memoria, linguaggio, ragionamento, riconoscimento oggetti e persone); affettività ed emotività (depressione, ansia ed angoscia); comportamento e personalità (agitazione, aggressività, reazioni paranoiche ed apatia). La demenza è una malattia che non soltanto affligge il malato, ma si ripercuote emotivamente anche su coloro che l’assistono, come il coniuge, i figli, i familiari ma anche gli assistenti familiari. Talvolta, l'assistenza, può essere un compito estremamente difficile e impegnativo. È necessario pianificare l’impegno che le figure che ruotano attorno all’anziano con demenza devono investire nell’assistenza del malato. È importante conoscere le proprie forze e le proprie energie e sapere che non si è da soli nell’affrontare la patologia. Inoltre, è fondamentale capire che chiedere aiuto non significa non essere in grado di assistere la persona, ma riconoscere e rispettare i propri limiti e progettare un tipo d’assistenza che veda coinvolti più soggetti. Capire le proprie emozioni può essere di aiuto nella gestione del malato, ma anche per se stessi.
Negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento di richieste di interventi che impiegano le terapie espressive, le terapie non farmacologiche, nelle loro diverse modalità, in progetti preventivi, riabilitativi e terapeutici. Le terapie non farmacologiche favoriscono una stimolazione delle capacità cognitive residue dei pazienti come, ad esempio, i processi della memoria (cognizioni). In altre situazioni, incidono sulle problematiche comportamentali dei pazienti affetti ad esempio da demenza senile (comportamenti). Una terza area riguarda l’ambiente che in questo caso ha una forte incidenza per la gestione dei disturbi cognitivi e comportamentali, si parla infatti di ambiente protesico, che aiuta a compensare tali deficit. Sono state inserite in fase sperimentale la musicoterapia individuale e di gruppo, la musicoterapia ambientale, la terapia della bambola, i laboratori cognitivi – alimentari e la sand - therapy (terapia della sabbia).
Le terapie non farmacologiche, in sinergia con le terapie che prevedono l’utilizzo di farmaci, migliorano in modo concreto la qualità di vita dei pazienti. Spesso si parla a livello teorico di migliore qualità di vita, di migliorare lo stato psicofisico delle persone, senza collegamenti concreti con gli aspetti sociali e relazionali dell’accudimento. La cura inizia dal saper ascoltare e il saper ascoltare è la base di partenza delle terapie non farmacologiche e della relazione d’aiuto.

13 giugno 2013, Psicologica...mente, rubrica della Dr.ssa Valeria Catufi

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